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Tunisi, conclusa la seconda giornata di Migramed 2015

Le situazioni in Libia e in Tunisia messe al confronto durante la mattina della seconda giornata di Migramed, a Tunisi. Due realtà vicine geograficamente, ma molto diverse dal punto di vista dell’accoglienza dei migranti. In Libia, il l’UNHCR opera in una situazione di difficoltà estrema, come ha spiegato Sarah Khan (UNHCR Libia); da maggio 2015 oltre 20mila persone hanno lasciato il Paese, e numerosi libici chiedono asilo all’organismo delle Nazioni Unite. Nonostante le criticità, si continua a dare assistenza, offrendo servizi di base, interventi alimentari, sanitari e giuridici.

migramed seconda giornata

Stesse criticità sono state registrate da Padre Alan Archebuche, direttore Caritas Libia, dove in seguito alla guerra sono in aumento le divisioni politiche e religiose; un paese ‘senza frontiere’, con una circolazione senza controllo dei migranti, anche verso Tripoli. Per quanto riguarda la presenza della Chiesa nel Paese, come spiega il direttore,  è impossibile capire il numero dei cattolici ancora presenti, per la difficoltà di spostarsi fuori da Tripoli, a causa della presenza degli islamisti. ‘Abbiamo sempre meno influenza, il numero dei volontari Caritas è diminuito da 12 a 3, cerchiamo di sviluppare i servizi grazie agli aiuti umanitari, grazie al sostegno di Caritas Italiana e del Consiglio Italiano Rifugiati (CIR).  Diamo sostegno ai richiedenti asilo presenti nei centri di detenzione, dialoghiamo con le altre Chiese cristiane, collaboriamo con il Congresso nazionale generale di Tripoli, che non è riconosciuto dalla comunità internazionale, con il Ministero degli Affari sociali e del Lavoro, ma c’è molta inquietudine. Auspichiamo una soluzione anche attraverso il Congresso generale, per favorire la pace’.  

In Tunisia si registra una forte necessità del lavoro di rete; la Caritas collabora con alcune associazioni locali, tra cui Terre d’Asile Tunisie e l’OIM. Qui, i campi profughi che l’Europa ipotizza di istituire nei paesi terzi costituiscono ‘una falsa soluzione’ per fermare le partenze sui barconi verso i paesi europei, come ha spiegato Nabil Ben Bekhti  (UNHCR Tunisia), che ha messo in evidenza anche la necessità nel paese di sistematizzare gli interventi in favore dei richiedenti asilo, a partire dall’implementazione di una legislazione sull’asilo.

migramed convegno sicurezza

Durante la mattinata anche una riflessione su islam, democrazia, sicurezza e dialogo interreligioso durante l’incontro moderato dal direttore della Caritas di Cagliari don Marco Lai, con le relazioni di Abderrazak Sayadi (Università di Tunisi – PISAI), Claudio Bertolotti (analista ed esperto di conflitti, sicurezza e terrorismo), e Fr. Nicolas Lhernould, vicario generale dell’Arcidiocesi di Tunisi, che ha ricordato la vocazione della Chiesa di Tunisia, quella di vivere in piena solidarietà con il popolo tunisino, e ancora l’importanza della presenza di minoranze che costituiscono un’opportunità per la Tunisia,  nella loro funzione di ‘termometro’ per valutare l’evoluzione del processo democratico. 

Nel pomeriggio, la situazione nel Corno d’Africa descritta dal Vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio Mons. Giorgio Bertin: in Somalia un milione e 100mila sfollati; a Gibuti 23mila rifugiati e richiedenti asilo, tra cui circa 2000-3000 yemeniti; in Etiopia 690mila rifugiati, di cui 256mila provenienti dal Sud Sudan, quasi 500mila sfollati interni; nello Yemen almeno 800mila rifugiati e richiedenti asilo, tra cui 10mila siriani. Qui, il ruolo della Chiesa è favorire ‘l’accettazione delle diversità, l’apertura e la condivisione’.

La situazione del Libano è stata descritta dal Presidente della Caritas, Fr. Paul Karam: circa un milione e 500 rifugiati siriani a cui si aggiungono oltre 2300 famiglie irachene, circa 400mila palestinesi nei campi profughi e circa 400mila lavoratori stranieri. Forte la preoccupazione per i minori: dall’inizio della crisi siriana, secondo i dati delle Nazioni Unite,  sono circa 60mila i nuovi nati, non registrati né in Libano né in Siria: un problema che, spiegano dalla Caritas Libano, ‘è già stato sollevato presso le autorità locali, e lavoriamo con le ong locali per trovare soluzioni’.  Una situazione che rischia di esplodere e di generare violenze quella dell’accoglienza in Libano, perché non esistono dei centri appositi, e i finanziamenti non sono sufficienti per rispondere ai bisogni reali. Tra gli interventi Caritas, assistenza sanitaria per  i rifugiati, giuridica e burocratica, sostegno alle famiglie.

In Giordania oltre ai circa 660mila rifugiati registrati dall’UNHCR, si stima una popolazione complessiva di oltre due milioni provenienti da Siria, Palestina, Iraq; difficile la situazione dei rifugiati iracheni, assistiti dalla Caritas Giordania: 214mila arrivati da Mosul dopo l’occupazione della città da parte dell’ISIS. La Caritas giordana sottolinea che il Paese è in estrema difficoltà perché ormai gli aiuti internazionali coprono solo il 19% delle spese per la popolazione rifugiata e il restante 81% è a carico del paese. Di fronte a ciò, la Caritas locale cerca di dare risposte con programmi di assistenza per minori, ma le risorse disponibili non sono sufficienti, ed è necessaria una maggiore collaborazione con le ong locali.  

In Marocco e Algeria, le Caritas sono attivamente impegnate nell’accoglienza dei migranti provenienti dall’Africa Sub-sahariana, tra cui numerose donne, spesso in condizioni precarie. La Caritas del Marocco dà atto del processo di progressiva apertura normativa verso i rifugiati che sta portando ai primi rilasci di documenti da parte del Paese recanti la dicitura ‘rifugiato’, che, tuttavia, protegge solo dall’espulsione ma non attribuisce diritti sociali né la facoltà di lavorare nel territorio. La Caritas riporta anche che nel Paese si è svolta di recente un’importante operazione di regolarizzazione, che ha consentito l’emersione di 18mila persone (10mila inoltre hanno fatto ricorso contro la decisione negativa; la cifra di regolarizzati complessivi potrebbe pertanto aumentare). La Caritas ha avviato diversi progetti nelle diocesi, tra cui quello  ‘Qantara’ (2016 – 2018), per favorire la strutturazione di reti della società civile sulla tematica migratoria.  

Il senso di questa giornata, come sottolineato da Oliviero Forti (responsabile Ufficio immigrazione Caritas Italiana) ‘è di confrontarci con i bisogni e le istanze dei paesi terzi per dare risposte alla politica che si sta implementando anche a livello europeo, a partire dalla loro voce; e trovare una posizione condivisa anche con la rete della Caritas della UE, rafforzando la nostra advocacy, non solo per promuovere progettualità bilaterali ma anche per far sentire maggiormente la nostra voce a livello politico nelle rispettive nazioni e a livello internazionale’.