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“Partire dai poveri per renderli protagonisti”: l’intervista al direttore di Caritas Italiana don Marco Pagniello

Il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, ha incontrato la Delegazione regionale Caritas Sardegna martedì 17 gennaio 2023. Presenti il Vescovo incaricato della CES, mons. Giovanni Paolo Zedda, il delegato regionale, Raffaele Callia, i direttori delle Caritas sarde e le relative équipe diocesane. L’iniziativa è servita a sviluppare un confronto sulla base del “Piano di percorsi di pastorale della carità 2023-2027”, nell’ambito degli incontri con le Delegazioni regionali delle Caritas in Italia promossi da Caritas Italiana, che hanno preso avvio il 17 gennaio proprio con l’incontro in Sardegna. A seguire l’intervista di Maria Chiara Cugusi, referente comunicazione Caritas Sardegna, a don Marco Pagniello.

“Insieme sulla via degli ultimi, secondo lo stile del Vangelo, con creatività”: le tre vie indicate da Papa Francesco per i 50 anni di Caritas Italiana guidano il piano pastorale che quest’ultima intraprenderà nei prossimi cinque anni, al centro dell’incontro svoltosi ieri, tra il direttore don Marco Pagniello e la Caritas Sardegna, rappresentata dai direttori e dalle équipe delle Caritas diocesane.

In cosa consiste il piano pastorale che Caritas Italiana intende intraprendere nel prossimo quinquennio?

Si tratta di un piano di percorsi pastorali da intraprendere “con i poveri”, non solo “per i poveri”, partendo da loro, rendendoli protagonisti della loro vita, della loro storia, che deve essere di promozione, di libertà dalla miseria per far sì che siano autonomi e inclusi nelle nostre comunità, nei luoghi di partecipazione, di servizio delle Caritas, delle équipe diocesane. E poi c’è il tema di non fare da soli, ma insieme alle altre realtà ecclesiali che hanno a cuore l’annuncio del Vangelo, portando le nostre istanze, risorse, possibilità. Ci sono tanti giovani, lontani dalle nostre parrocchie, che farebbero volentieri servizio accanto ai poveri: essi dovrebbero essere aiutati a rileggere l’esperienza fatta per scoprire come la carità e l’amore hanno come fonte Dio stesso. Dunque, Caritas che farà lo sforzo di una conversione interiore per uscire dal rischio dell’autoreferenzialità, per fare la propria parte non solo nei propri compiti più stretti ma per essere costruttori di Chiesa. Il tutto con creatività, che non significa fare cose nuove, ma rileggere le opere costruite in tanti anni per chiederci se oggi riescono a essere “parlanti di Vangelo”.

Quale il contributo Caritas nel percorso sinodale?

Per condividere il sogno di una Chiesa che sa parlare, incrociare la vita di tanti, dobbiamo partecipare oggi al cammino sinodale, facendo la nostra parte perché siamo portatori di un’esperienza bella che è quella dell’ascolto anche di mondi lontani, perché il nostro stile di lavoro in tante occasioni è sinodale. Si tratta di condividere quanto già facciamo soprattutto in quella che sarà la lettura sapienziale dell’ascolto, ma anche nella parte profetica, affinché ci sia l’attenzione agli ultimi, con uno stile che non deve insegnare ma semplicemente condividere la propria esperienza di vita.

Quali le prossime sfide?

La lotta alle diseguaglianze: quanto stiamo vivendo, dalla pandemia alla guerra in Ucraina alle tante guerre nel mondo, ci dice come si allargano i divari tra nord e sud del mondo, dell’Italia, tra regioni, città, aree della stessa città, e dobbiamo saper leggere e fare la nostra parte per contrastare l’aumento di queste diseguaglianze. Poi ci sono tutte le emergenze che rischiano di non essere più tali: penso alla questione dei migranti affrontata per anni in un clima emergenziale, e che oggi, anche a causa dei cambiamenti climatici, va affrontata con politiche ordinarie, lungimiranti che non tengano conto solo del luogo in cui si vive ma siano capaci di guardare oltre. Ancora, i volti nuovi della povertà, perché sempre di più ci sono nuovi fratelli e sorelle che si ritrovano sotto la soglia della povertà sia relativa sia assoluta, che si rivolgono a noi e ci chiedono di essere accolti e accompagnati in maniera diversa rispetto a come abbiamo sempre fatto.

In che modo si colloca l’azione di advocacy?

Dando ai poveri non solo voce, ma anche spazio, affinché siano loro stessi a raccontarsi, a dire ciò che è importante per loro. Misure di contrasto alla povertà pensate bene, soprattutto applicate bene, dove ognuno deve fare la propria parte: l’obiettivo non è semplicemente quello di un aiuto alla sussistenza, ma la promozione umana, tenendo conto delle peculiarità di ciascuno: non tutti sono pronti a rientrare nel mondo del lavoro, non tutti potranno lavorare nella loro vita, quindi l’attenzione alla persona, al singolo, è fondamentale anche in queste misure.

A cura di Maria Chiara Cugusi