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Emergenza covid-19, nella Diocesi di Sassari l’impegno solidale alla luce della liturgia della prossimità

Da circa un mese si assiste ad un effetto parallelo a quello del Covid-19: il contagio della solidarietà. Alle numerosissime richieste di aiuto che stanno pervenendo ai contatti della Caritas diocesana e delle parrocchie, stanno equivalendo tantissime iniziative di solidarietà di singoli, associazioni, gruppi spontanei che in vario modo partecipano alle diverse azioni caritatevoli messe in atto dalla chiesa turritana e non solo.

Un vortice di richieste di aiuto e donazioni che si intrecciano in una situazione impensabile fino a qualche settimana fa. I telefoni messi a disposizione della Caritas diocesana per ascoltare i bisogni di questa inedita emergenza non smettono di squillare. Dall’altro capo voci di uomini e donne che, a volte con grande imbarazzo, chiedono aiuto. Sono persone che di punto in bianco si trovano nell’impossibilità di comprarsi da mangiare. Sono famiglie che sopravvivono con lavori giornalieri o di ambulantato o comunque con un reddito minimo legato ad un’attività lavorativa precaria.

Tra gli effetti devastanti di questa epidemia c’è quello di far emergere tante povertà sommerse che si stanno conoscendo attraverso la distribuzione dei pacchi viveri. “Abbiamo fame”, detto in un italiano imperfetto, è il modo con cui spesso viene chiesto da mangiare assieme a una bombola necessaria anche per riscaldare case umide e malsane. Uno scenario che prepotentemente sta emergendo in questi giorni in cui si stanno evidenziando tutte quelle disuguaglianze per lo più conosciute finora nei racconti statistici dei dossier sociali.

I 300 pacchi viveri distribuiti in una settimana dal Centro Servizi di Largo Seminario, che contengono alimenti a lunga scadenza in quantità sufficiente per garantire una autonomia di circa 5 giorni ad una famiglia media di 4-5 persone, e che si aggiungono a quelli delle diverse parrocchie, sono indicativi della condizione di disagio che in molti stanno vivendo. Un aumento delle richieste che si stima del 60% circa.

Significativo è anche il numero di bombole richieste in una settimana, più di 250.

Tra le prime preoccupazioni che la Caritas diocesana ha dovuto gestire in questo tempo di emergenza è stata quella di garantire i pasti che la mensa quotidianamente offre a circa 80 persone, riorganizzando il servizio attraverso la distribuzione di un pasto caldo, cucinato al momento e consegnato in appositi contenitori alimentari usa e getta. Ad ogni ospite viene consegnata una busta con un primo, un secondo, pane acqua, frutta (e quando possibile il dolce), sufficienti anche per la cena.

Quando si parla della mensa Caritas non sempre appare tutto quello che c’è dietro ogni singolo pasto donato. La preparazione giornaliera è frutto della fantasia dei cuochi che predispongono i menù in base a quanto quotidianamente arriva dalle donazioni di alcuni supermercati ma anche da gastronomie, fruttivendoli, panetterie e privati cittadini.

Ci sono i volontari che si alternano nel servizio di preparazione dei pasti, nella pulizia e selezione della frutta e della verdura, della conduzione dei furgoni che trasportano gli alimenti ritirandoli dai centri commerciali o portandoli nelle strutture di ospitalità della Caritas. Tutto nel rigoroso rispetto delle norme HACCP.

Il pasto donato è dunque espressione della disponibilità di tante persone che in vario modo contribuiscono a offrire il pranzo a chi non ha da mangiare e segno di accoglienza da parte di una comunità che si fa vicina e che ascolta il grido del povero.

Anche l’ospitalità ai senza fissa dimora è stata potenziata prolungando le ore di apertura dell’Ostello di via Galilei e del dormitorio di via Duca degli Abruzzi (egregiamente autogestito da un gruppo di immigrati senza casa), per consentire la permanenza degli ospiti durante tutto il giorno e limitare quindi la mobilità nel rispetto delle norme emanate. Da qualche giorno anche la struttura di Stella Maris a Lu Bagnu ospita una ventina di persone. Complessivamente sono ora 40 gli ospiti ai quali viene offerto anche il pranzo e la cena quotidiani.

Al Centro diurno “Suor Giuseppina Nicoli”, nella Casa delle Suore Figlie della Carità di via Principessa Maria, viene offerta giornalmente la colazione e la possibilità di provvedere all’igiene personale e al lavaggio degli indumenti usufruendo di lavatrice e asciugatrice.

In tutto questo movimento va evidenziata la generosità di molte persone che in questi giorni di difficoltà, attraverso offerte in denaro e in alimenti, sta rendendo possibile far fronte all’aumento delle spese necessarie a favorire il servizio di accoglienza e ospitalità, in attesa che le forme di sostegno economico varate dal Governo, attraverso buoni pasto, contributi alle diverse categorie e la cassa integrazione, diventino operativi consentendo una certa autonomia alle famiglie prive di reddito.

L’azione instancabile dei tanti volontari, sebbene ridotti nei numeri per le diverse esigenze personali, familiari e contingenti alla norme restrittive in corso, sta rendendo possibile quella risposta adeguata ai tanti bisogni che lo stato di emergenza sta causando a livello sociale. Una attenta osservazione delle situazioni di povertà, legate alla vulnerabilità di una società che vive costantemente nella precarietà della propria condizione economica, richiede già ora una lettura che guardi al prossimo futuro. Il dopo emergenza quali scenari lascerà? Con quali nuove povertà e disuguaglianze ci si dovrà confrontare? Quali saranno le risposte che la comunità ecclesiale sarà chiamata a dare in termini di azioni caritatevoli? Quali scelte si dovranno fare per essere conformi ai nuovi e vecchi bisogni? Molte delle risposte a queste domande sono già contenute nelle tante richieste di aiuto di oggi e nella vicinanza che saremo in grado di donare.

In questa nuova realtà che ancora lascia tutti sbigottiti, impossibilitati a celebrare comunitariamente i misteri della Pasqua, la presenza della chiesa si esprime in maniera esemplare in questa liturgia della prossimità dove la solidarietà è più contagiosa del virus.

Gianfranco Addis