Aspettando il nuovo rapporto delle Caritas diocesane rileggiamo insieme le storie raccolte nel 2024
Il triste fenomeno delle famiglie con bambini sotto i tre anni in stato di povertà è un dolore della nostra società. Un peccato dell’umanità uguale a quello dei bambini che muoiono sotto le bombe o a cui non è garantita l’istruzione né tutti gli altri diritti fondamentali.
È bello ricordare che, esattamente cento anni fa, fu scritta la “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”, redatta a Ginevra il 23 febbraio 1924 in seguito alle conseguenze prodotte sui bambini dalla prima guerra mondiale. Venne adottata dall’Assemblea generale della Società delle Nazioni. Di questi drammi patiti dai bambini dovremmo sentirci maggiormente responsabili e tutti colpevoli. Nessuno escluso. Anche nel nuorese i fenomeni di povertà sono in forte aumento e la forbice fra chi sta troppo bene e chi non ha quasi niente si sta allargando.
Abbiamo incontrato una donna che ci ha raccontato la sua storia. Gli occhi di Rokhaya sorridono sempre e trasmettono un’enorme tenerezza. Originaria del Senegal, ha 39 anni e vive in un paese della zona con due bambini piccoli. È una delle tante donne che, in cerca di un futuro migliore, ha dovuto lasciare la sua casa e la sua famiglia. Nove anni fa Rokhaya entra in contatto con la comunità nuorese dove trova solidarietà ed accoglienza. È colmo di gratitudine il racconto della sua esperienza. «Qui ho scoperto tanta ospitalità – ci dice – , le persone sono generose e non mi fanno sentire un’estranea». L’appartamento dove vive in affitto è adeguato alle sue esigenze: due camere da letto, salone, cucina e bagno. «Sto comoda con i miei due figli» precisa, mentre il piccolo di due anni, che assiste all’intervista, richiama la sua attenzione e le sue coccole.
Lei di professione fa la badante di persone anziane, ma al momento non sta lavorando. Per questo motivo il sostegno della Caritas le è fondamentale. Mentre parla il suo sguardo incontra quello di Suor Pierina, alla quale si è rivolta nel momento più difficile della sua permanenza in Barbagia. I due sorrisi amorevoli si incrociano disegnando nell’aria un grande cuore pieno d’amore. Il suo tempo, oltre il lavoro, è totalmente dedicato alla famiglia. Anche lo svago non concede “distrazioni”. Il bambino più piccolo la mattina frequenta l’asilo. Il più grande ha 11 anni ed ha appena finito la scuola. «Entrambi sono assistiti da una brava pediatra». Commenta così il suo rapporto col sistema sanitario locale. Attualmente il bimbo è seguito dal Consultorio familiare e da un fisioterapista. La narrazione di Rokhaya a questo punto offre una sorpresa. Il suo italiano, fin ora incerto e ripetitivo delle nostre domande, si
fa sicuro e pulito. La sua risposta vuole sottolineare uno stato d’animo chiaro. Ecco perché i termini sono e devono essere inequivocabili. «Sono felice. I miei bambini stanno bene, vanno a scuola, sono assistiti e curati. Il grandetto gioca e ha fatto amicizia con i ragazzi del rione. Si, sono molto felice» ribadisce.
Questa testimonianza dovrebbe essere un esempio anche per tutte le altre persone che si rivolgono alla Caritas. Restiamo emotivamente scossi per la enorme gratitudine espressa. Ora l’ascolto viene condizionato dalla voce del piccolo accanto a noi. Non vuole stare nel passeggino. La mamma lo prende in braccio ed è allora che ci accorgiamo che, per la sua età, è alto. La testolina è un cespuglio di ricci neri. Il comune dove risiede le mette a disposizione le competenze e la aiuta nel disbrigo delle pratiche amministrative così che non debba incappare nei consueti ostacoli burocratici. Invece non le viene erogato alcun sussidio finanziario. Bollette ed affitto sono garantite dalla Caritas sotto forma di bonus. Lo stato di disoccupata sta stretto ad una donna sempre abituata a lavorare e a sentire su di sé la responsabilità della famiglia. Alla domanda di come vede il suo futuro non ha titubanze: è proprio sulla ricerca di un’occupazione che si concentra la risposta. La fortuna di aver incrociato la Caritas vuole essere solo una felice parentesi, ma la preoccupazione è quella di trovare una famiglia dove ci sia una persona anziana che abbia bisogno di una badante esperta. Nella sua vita futura non prevede un ritorno in Senegal. «Tornerò in vacanza, durante le ferie» ci confida con una voce orgogliosamente fiera, di chi vuole convincere, innanzitutto se stessa, che a questa fase ne seguirà una di maggiori certezze. La fiducia e la positività caratterizzano lo sguardo verso il domani di questa donna coraggiosa e temprata. Ma noi sappiamo che i suoi giorni non sono leggeri, non possono essere semplici. La vita non è mai stata facile per nessuno. Immaginiamoci come dev’essere per una madre sola, lontana dai suoi affetti e in una zona dell’Italia non certamente fra le più ricche. Rokhaya rimette il suo bimbo nel passeggino. Deve andare in ospedale perché il piccolo deve fare una seduta di fisioterapia. Ci saluta con grande affetto e col sorriso che non ha mai smesso di elargire. Noi
la salutiamo con un bacio ma, mentre tutto questo avviene, non possiamo non pensare che questa donna
L’ingresso del Centro di ascolto nasconde delle amare verità che non ci ha raccontato. Siamo più che convinti che dentro di sé porti ferite profonde. Ma la gratitudine verso chi la ha accolta è talmente forte da farle addolcire i dolori che porta dentro.
E andando via accarezza il suo “tesoro” regalandogli ancora sguardi di totale amore. Questa storia è una grande lezione di vita
a cura della Caritas diocesana di Nuoro

